Esodo 32,7-11.13-14 E’ un popolo dalla dura cervice
L’impressione più forte che risalta è la debolezza di Dio e cerca di trovare appoggio in Mosè, sarà lui a fare la parte dura con il popolo idolatra. In realtà qui ci troviamo al cuore del mistero della fede ebraico/cristiana: Dio è inevitabilmente questo intreccio di potenza/debolezza, severità/misericordia, giudizio/perdono. Senza la mediazione di Mosè la potenza di Dio sarebbe pericolosamente squilibrata. Emerge da questo testo la profezia di quello che in Cristo sarà rivelato: Dio come comunione d’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Mosè è suprema profezia della misericordiosa Pasqua del Figlio di Dio.
Sir 16,11: Ci fosse anche un solo uomo di dura cervice, sarebbe inaudito se restasse impunito.
Col 2,1: Voglio infatti che sappiate quale dura lotta devo sostenere per voi, per quelli di Laodicèa e per tutti quelli che non mi hanno mai visto di persona.
1 Timoteo 1,12-17 Rendo grazie a colui che mi ha dato forza
L’annuncio di Paolo diventa preghiera. La sua vicenda personale che si raccoglie in una lode a Dio. E’ preziosa conferma circa l’azione del Signore nella storia, storia di ciascuno, storia del popolo di Dio, e storia dell’intera umanità. La memoria di quello che il Signore ha fatto per lui e in lui, diventa simbolo e paradigma della storia della salvezza della Chiesa e dell’intera umanità. Alla preghiera cristiana ci si arriva partendo dalla storia, cioè dall’esperienza concreta che il singolo e la comunità fanno dell’azione di Dio in loro. Più sono gravi la lontananza e l’offesa, più l’opera divina si rivela come puro dono di Dio. Paolo loda Cristo Gesù che gli ha voluto comunicare la sua stessa forza, e ha voluto fidarsi di lui.
Sal 75,2: Noi ti rendiamo grazie, o Dio, ti rendiamo grazie: invocando il tuo nome, raccontiamo le tue meraviglie.
Gv 6,11: Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti.
Luca 15,1-32 Costui accoglie i peccatori e mangia con loro
Per spiegare il suo atteggiamento Cristo Gesù usa la parabola della pecora smarrita, e fissa l’attenzione dei suoi interlocutori su tre aspetti. Nessuno lascerebbe novantanove pecore nel deserto per andare a cercare la centesima che è perduta. Ma Dio, sì. Non che “si è perduta”, ma che Lui, il Pastore, “ha perduta”. Secondo aspetto importante: il pastore cerca la pecora. Se la pecora troverà il pastore è solo perché il pastore la cerca. E il pastore cerca la pecora “finché non la trova”. La conclusione rivela la gioia del pastore che ritrova la sua pecora, e la festa di tutti, di tutti “gli amici e i vicini”, di tutto il cielo, per questo ritrovamento. Non un tribunale, ma una festa. Non un’eventuale “sanzione”, ma, la gioia di tutto il cielo.
Tb 13,8: Convertitevi, o peccatori, e fate ciò che è giusto davanti a lui; chissà che non torni ad amarvi.
Gc 4,8: Peccatori, purificate le vostre mani; uomini dall’animo indeciso, santificate i vostri cuori.
Per il percorso personale o in gruppo:
- Come senti Dio verso di te?
- In che cosa ti sta dando forza il Signore?
- Sai cercare con insistenza?